Una esperienza diretta di pessima usabilità – II
In questo articolo, diviso in due puntate, la nostra amica e collaboratrice Romy Carminati ci racconta una sua spiacevole ma educativa (per tutti i webdesigner) esperienza su un sito di recruiting online. Qui puoi leggere la prima parte dell’articolo.
Avanzo al secondo step. La pagina riguarda gli studi fatti, il titolo di studio ottenuto e alcune competenze linguistiche e informatiche. Su questo sono ferrata, mi dico. Ancora ingenua!
Comincio a compilare l’area “Titolo di Studio”: al campo “livello” assegno “Università”. Compare una simpatica barra di caricamento in mezzo alla pagina con il messaggio “Attendere prego”. Cosa dovrò mai attendere? Poi la barra scompare e dopo qualche attimo di perplessità, poiché il sistema non mi ha detto se posso continuare nella compilazione, mi permetto di proseguire.
Giungo al campo “Titolo di studio”. Ecco che rispunta la finestrella in cui spero di azzeccare la parola magica che permetterà al sistema di caricare un elenco di risultati. Provo a digitare “laurea”, ma il sistema mi restituisce il messaggio “nessun risultato trovato”. Mi chiedo cosa si aspettino che digiti. Ritento con “specialistica” e con “laurea specialistica”, ma non ottengo mai alcun risultato.
Decido di lasciar perdere il campo, dato che non è obbligatorio, e per non perdere altro tempo (sono già trascorsi venti minuti da quanto sono arrivata sul sito) salto anche le aree relative a “specializzazione/master” e “altro”, con i campi correlati.
Compilo l’unica area obbligatoria della pagina, quella che riguarda le lingue conosciute (bisogna inserirne almeno una), e i campi relativi alle conoscenze informatiche, giacché i menù sono a tendina e sembrano comprensibili.
Clicco su “Avanti” e arrivo, abbastanza stressata, al terzo e ultimo step. Mi viene richiesta qual è l’ultima posizione lavorativa ricoperta o quella attuale. Il nome dell’azienda lo posso inserire liberamente. Provo una leggera sensazione di sollievo che purtroppo è destinata a trasformarsi presto in risentimento e rifiuto.
Il campo “Settore merceologico” è costruito con un menù a tendina. Fiduciosa, lo apro e trovo un elenco di categorie che con il mio non c’entrano nulla. Non compaiono nemmeno quelle più ovvie, come informatica, istruzione, formazione. Nel dubbio, seleziono la voce “Altri servizi pubblici, sociali e personali”, anche se con l’editoria c’entrano ben poco.
Proseguo fino all’“Area di competenza”, che giace accanto a quell’odiosa icona con la lente di ingrandimento. Mi accingo alla ricerca. Dunque: lavoro come web master in una casa editrice… cosa posso digitare?
Comincio da “web master”. Nessun risultato trovato. Provo con “web designer”, ma niente. Ritento con un generico “editoria” e il sistema mi restituisce una sola voce: “Addetto supporto tecnico editoriale (produzione)”. Direi che non c’entra affatto.
Provo nuovamente con “informatica”. Niente. Intanto sono trascorsi altri dieci minuti. Decido che dato che sono all’ultimo passo posso provare a fare un ultimo tentativo e digito “IT”. BINGO! 88 risultati, divisi su 9 pagine.
Il mio entusiasmo non ci mette molto a svanire quando leggo che sotto l’area di competenza IT compaiono mansioni come cucitore, perito calligrafo, perito agrimensore, autista o addetto recupero crediti. L’unica mansione che può vagamente avvicinarsi al mio lavoro è “grafico pubblicitario”, ma siccome non vorrei inserire nel CV qualcosa di fuorviante, decido di non inserire nulla.
Dopo più di mezz’ora che sono sul sito e che sto compilando il modulo per inserire il mio curriculum, mi rendo conto che in realtà l’unica cosa che sono riuscita ad inserire – e a fatica – sono i miei dati anagrafici. Decido quindi di sospendere tutta l’operazione, perché sarebbe assolutamente inutile riempire un database di puri dati anagrafici.
Ecco quindi che, sperando di appoggiarmi a una competente agenzia per il lavoro, ho sprecato più di mezz’ora del mio tempo, che avrei potuto impiegare per inserire il mio curriculum in almeno altri tre siti.
Mi nasce subito una riflessione. Io sono un’addetta ai lavori. Uso il Web tutti i giorni, per lavoro e per piacere. Navigo in internet con la stessa facilità con cui vado in bicicletta, ma cosa possono pensare tutte quelle persone che non sono esperte di Web, capitando su un sito come questo? Sicuramente, che la colpa è loro, che sono incapaci, che gli scarsi o nulli risultati che ottengono nelle loro navigazioni sono dovuti alla loro inesperienza.
Purtroppo, ancora oggi, esistono siti che mettono gli utenti nelle condizioni di ritenersi colpevoli. Purtroppo molti web designer, web master, programmatori non si rendono conto di quanto rendano la vita difficile agli utenti e di quanto ciò incida sui risultati che il loro sito ottiene.